venti

Da quando ho iniziato il progetto Venti è la prima volta che mi trovo a lavorare anche con un bambino. Eravamo in tre in quel buio fitto e pieno di passato che riemergeva. Eravamo in tre a cercare la nostra posizione, o meglio la nostra dimensione, quella esatta, quella nella quale stare bene in quel momento.

IO, a lavorare sulla percezione di me stesso, alla ricerca  di un assetto concreto da offrire nel rapporto con gli altri. IO, in balia della mia esatta inadeguatezza. IO, unico media attraverso cui il tempo, lo spazio e l’infinito invisibile si compiono.

L’ALTRO a condividermi, con tutta la serenità che si può, il suo disagio interiore, la sua speranza di Farfalla e le sue ansie da crisalide… il suo vivere attuale. La condizione di chi si denuda nella convinzione che si tratta di un gesto catartico, permettendomi di rinascere a mia volta, di avvertire nuovamente lo stupore iniziale del quando la nascita è finita ed è iniziata la vita.

IL PICCOLO sembrava il più pronto, quello con la maggiore consapevolezza del divenire. Così abbiamo iniziato a seguirlo ad entrare nel ritmo che lui ha suggerito. Abbiamo lasciato che  lui e il suo passato leggero e consapevole conducesse la conversazione tra noi tre; che il peso del nostro tempo fosse analizzato in base al terzo, mediato dalla sua presenza totale.

 

 

 

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